“Il dramma della nostra contemporaneità perché non abbiamo più abissi da esplorare e nemmeno torri di Babele da innalzare, solo un ubbidire a un presente logoro nel suo squallore quotidiano e unidimensionale, tanto breve e polverizzato quanto ripetitivo, senza passione, composto di quella cronaca che ha sostituito la tragedia”.
Così scrive Giuseppe Lupo nella prefazione al volume Apologia del rischio. Scrivere è una roulette russa (Vita e Pensiero, pp. 108, Euro 11,00) in cui Ferruccio Parazzoli ha raccolto i suoi saggi sullo stato della letteratura e sulla funzione che può ancora avere la scrittura nella società di oggi, senza più punti di riferimento, senza forma e volto, anonima e virtuale, appiattita sul nichilismo debole del “niente ha più senso”. L’analisi è spietatamente lucida, e tuttavia Parazzoli resta convinto che il linguaggio continui ad essere uno dei pochi modi di resistere al caos e al dolore. Non dobbiamo rinunciare a sentirci “ancora alla ricerca della porta che non aprimmo mai sul giardino delle rose”, come scriveva Eliot nei Quattro quartetti.